giovedì 31 maggio 2012

100 anni fa nasceva Woody Guthry

Domani torno in Italia. Per salutare Boston e gli USA siamo andati ad uno spettacolo dedicato a Woody Guthry (di cui il 17 giugno si celebrano i 100 anni dalla nascita, se questo vuol dire qualcosa), molto militante, in un teatro dell'Università di Harvard caldo e pieno. Dopo si è continuato a cantare. E quindi posto:


 http://www.youtube.com/watch?v=XaI5IRuS2aE

martedì 29 maggio 2012

Risonanze, coincidenze, ambiente attivato

I nostri vicini, qui a Boston, sono P. e M. P. è  un architetto inglese, che ha a lungo soggiornato in Italia, ama la lirica, oltretutto è un coltissimo e fluido affabulatore. Lo ho conosciuto domenica scorsa mentre pitturava la staccionata  di fronte alla sua abitazione (una giornata di lavoro sereno e meditativo, con le romanze di Bellini in sottofondo). M. è psicologa, insegna all'università ma è anche terapista, lavora tra l'altro con la pet therapy, la cura dei disagi psichici con i cani e gli animali domestici. Ieri sera ci hanno invitato a cena, facendo per noi delle ottime pizze e una squisita insalata.  Con M. ho parlato a lungo: insegna anche meditazione yoga, terapia della risata, e altre cose che abbiamo condiviso. Lei mi ha fatto sentire le canzoni che usa nella didattica e nella pratica, io le ho fatto conoscere la performance di meditazione Zen di Tony Scott.  Abbiamo anche parlato della psicologia positiva, che sta andando alla grande qui negli USA, cioè la psicologia basata sullo sviluppo dei punti di forza, sull'idea del flourishing anziché su quella della "terapia" e della cura dei problemi. Proprio in questi  giorni sto leggendo il recente libro di Martin Seligman, già presidente della American Psychological Association, in cui egli getta le basi scientifiche del concetto di wellbeing (come differeniato dal concetto di "happyness") e stavo così sviluppando le idee sulla psicologia apprezzativa e sul modello PAAR (Participative, Appreciative, Action and Reflection) che da qualche anno ho adottato con l'associazione Reflective Learning. Qui negli Stati Uniti è molto forte la pressione a dimostrare in modo scientifico (secondo le metodologie della "evidence based research") che le cose che si promettono - e per cui si chiedono i soldi - "funzionano", in quali condizioni, con quali soggetti, con quale tipo di interventi. E' un problema di responsabilità, anzi di affidabilità e accountability. Ciò costringe i terapisti a fare ricerca e ad essere interessati alla ricerca e sostiene la responsabilità professionale di chi interviene in questo campo e promette cose.  La premessa della positive psychology è realista: i disagi  psichici non possono essere "curati", è dimostrato che spesso la loro origine è genetica: però si può fare in modo che le persone stiano bene e "fioriscano" ugualmente, partendo dalla consapevolezza e dal potenziamento dei propri punti di forza (strengths). Si può puntare al benessee, mentre è più difficile puntare alla felicità. In Italia è stata fondata una associazione di Psicologia Positiva.
Ringrazio Seligman per il suo libro, ringrazio M. per la sua esperienza di insegnamento, ricerca e lavoro che mi ha comunicato, e ringrazio Tony Ghaye (presidente di Reflective Learning internal) per questa prospettiva di impegno e di riflessione alla quale mi ha introidotto più di due anni fa.  Gratitudine, impegno, responsabilità, consapevolezza, scambio, risonanza, ..... solo coincidenze (?).

Qualche pista:
M. Seligman, Flourish, Free Press, 2011.
L'intervento deel Prof. Seligman su TED:
http://www.ted.com/talks/martin_seligman_on_the_state_of_psychology.html
Link della Associazione per la Psicologia Positiva
http://www.psicologiapositiva.it/intro_psicologia-positiva.htm
Link di Reflective Learning:
http://www.rl-international.com
http://reflectivelearning.it

lunedì 28 maggio 2012

Responsabilità e connessione

Responsabilità e connessione

Mi sono messo in questa storia della responsabilità e non voglio lasciarla per aria, anche se meriterebbe molto di più di questi appunti di un blog. Continuando il post precedente, si fa presto a dire comunità.Se la comunità non è ascritta (non sono le famose radici) ma devo costruirla come faccio? Anche qui negli Stati Uniti naturamente è un problema. Ma mi colpisce la differenza di concetti. Quale è la differenza tra quartiere e nearbohood, tra community e territorio, tra citizenship e cittadinanza e come queste sfumature danno luogo a diverse istituzioni della responsabilità? Idem per la parola covenant, patto. Uno dei principi base della responsabilità giuridica è "pacta sunt servanda". I patti vanno rispettati, è il fondamento della responsabilità contrattuale, una volta bastava la stretta di mano (all'interno di circuiti di visibilità dove non potevi rovinarti la faccia). La responsabilità reciproca  è la base della fiducia reciproca. Anche di questa ce ne troviamo poca in Italia e lo smottamento viene giù, giù. Poiché ci aspettiamo che gli altri non sono responsabili anche noi tendiamo ad essere poco reponsabili. Ecchésofesso? Da chi ha più potere a chi ne ha di meno a chi non ce l'ha, dai vecchi a chi ha mezz'età ai giovani...o viceversa. In questo modo la connessione sociale si scardina e il controllo sociale richede sempre più burocrazia, imposta o "volontaria" e questo crea sempre meno responsabilità. L'affidabilità diventa un attributo dei sistemi  presunto, spesso iporita, non delle persone. Delle persone non ci si fida più ma non perché ci aspettiamo che siano malvage ma perché pensiamo che sono "leggere" (liquide?). La responsabilità è forza di gravità, che resiste alla corrente. Dovremmo ritrovarla, ma come, se tutto scorre e la nostra capacità di sopravvivenza si basa sul surfing? In questa situazione, privati della responsablità, la responsabilità diventa senso di colpa, responsabilità per cose di cui non abbiamo colpa, responsabilità senza potere, frustrazione, angoscia, ansia. E' possibile costruire una responsabilità basata sull'empowerment?  Credo che la strada maestra sia la consapevolezza della connessione. Potremmo chiamarla una responsabilità ecologica (non solo come responsabilità verso l'ambiente, che ne è una parte,  ma come responsabilità sistemica. Da anni di questo si parla ma perhé si crei una mutazione genetica della civiltà e della cultura di questa portata ci vuole del tempo.... purché non avvenga fuori tempo (massimo). Avevo promesso una nuova colonna sonora e mi affido di nuovo a Tony Scott: Is Not All One?
http://www.youtube.com/watch?v=8QUwnJHx0EM

"Tutta la vita è parte di una complessa relazione in cui ciascuno è dipendente dagli altri, prende dagli altri, da agi altri, e vive con tutto il resto" (Jacquest-Yves Cousteau). Questo cartello è all'entrata dell'Exploratorium, il laboratorio di scienza, arte e tecnologia di San Francusto fondato da Frank Oppeheimer.   La responsabilità ecologica si basa sulla scienza della vita, non sulla scienza del diritto o delle istituzioni, si  basa sull'idea della inter-connessione non su quella del controllo e del potere, si basa sulla qualità intrinseca e non sulla forma esteriore. Nella responsabilità ecologica si fondono la scienza e l'arte, l'etica e l'estetica, la cultura e la natura. Wahuuu!
Troppo forte, non è vero? Forse è meglio dire che la RE (responsabilità ecologica) apre la strada perché scienza e arte ecc. ecc. si fondano?  Ci devo lavorare ancora.
Ho trovato un riferimento bibliogafico "fresco fresco" (per me, avendolo scoperto l'altro giorno nella libreria COOP di Harvard Squar':

N. A. Christakis, J. H. Fowler, Connected, Little, Brown and Company, New York, 2009.
Christakis spiega il concetto http://www.connectedthebook.com/ con intervento you Tube in TED e su internert si trovano diversi link  Christakis e al suo studio sulla forza e la ampiezza di propagazione delle interconnessioni che esistono tra le persone. Ciò rimanda al principo buddista che "siamo responsabili dei nostri pesieri" come una via di consapevolezza e nello stesso tempo di empowerment, perché essere responsabili significa essere consapevoli del potere che ognuno di noi ha sull'ambiente. Stavo scrivendo "sul proprio ambiente": vedi  come è facile dire "proprio" e in questo modo inquinare l'ambiente? 

martedì 22 maggio 2012

Responsabilità civile

Ma la responsabilità non è solo questa brutta bestia. In molti paesi soffriamo di una crisi di responsabilità. Sono in terra nordamericana e, visto da qui, il problema della responsabilità si presenta in modo diverso. Qui, vedendo come si comportano le persone, anche immigrate, non suona retorico il messaggio che diversi Presidenti americani, in particolare Clinton, hanno posto come cardine di quello che è stato definito il patto fondante tra Governo e cittadini, la "covenante", un incontro di responsabilità che discende da un patto solenne tra Governo e cittadini: il Governo promuove opportunità, difende diritti, i cittadini hanno la responsabilità di mettere a frutto queste opportunità a vantaggio diloro stessi, delle loro famiglie, delle loro comunità, del Paese. La responsabilità nasce da un patto solenne che è in rapporto con la comune appartenenza a una comunità. La responsabilità è risposta, reciprocità, ma anche impegno basato su un patto di appartenenza, un "patto" costituzionale che unisce tutti, "maggioranze" e "minoranze", in un vincolo che non è uno dato di partenza, uno stato, ma un comportamento, una pratica. Noi siamo abituati ad affermare che ai diritti si devono accompagnare dei doveri. Lo slittamento semantico che si determina sostituendo alla parola doveri la parola responsabilità non è di poco conto, così come non è di poco conto affermare che diritti e responsabilità radicano in un patto che fonda gli uni e le altre. Anche i diritti non sono affermazioni astratte, ma opportunità. Quindi vi é un rapporto reciproco tra gli uni e gli altri. Consideriamo la grande opportunità offerta dall'istruzione pubblica gratuita in Italia e domandiamoci: corrisponde ad essa un senso di responsabilità altettanto grande che si manifesta nell'impegno allo studio dei ragazzi e delle loro famiglie, nella responsabilità di restituire la gratuità dell'istruzione alla propria famiglia, alla comunità, allo Stato? Questo esempio mi sembra illustri bene come i diritti per noi siano sganciati dalla responsabilità. I diritti sono pubblici, le responsabilità sono private. Non è solo non pagando le tasse che si ruba alla collettività, ma anche non riconoscendo questa responsabilità. Mi sembra che vi sia un elemento ulteriore che caratterizza questa responsabilità, che è la comunità. La comunità (qui) non è ascrittiva, cioè non discende dalla nascita, dai luogli, dai legami familiari. Mi sembra che sia il prodotto di questa responsabilità condivisa, sancita da pratiche sociali forti che non sono meno potenti perchè si fermano di fronte alla sacralità dell'individuo e della famiglia nucleare. Il 24 maggio si celebra qui a Boston il commencement day, o graduation day, il giorno delle lauree, insomma. Tutta la città, soprattutto la zona di Harvard, sta ricevendo migliaia di famiglie dei ragazzi e delle ragazza che si stanno per laureare, molti vengono da paesi lontani per essere qui quel giorno. Grandi spazi vengono preparati all'aperto con palchi e sedie schierate per la cerimonia. Mi sembra che sia un avvenimento pubblico e un avvenimento personale, una celebrazione di un incontro di responsabilità personali, comunitarie e civili. Penso alla diversità con le nostre sedute di laurea e alla mancanza, nelle nostre, della responsabilità civile e comunitaria. Penso alla diversità di una responsabilità basata sull'idea della restituzione, della gratitudine, del patto civico (che é cosa molto diversa dal contratto individuale o dall'idea di offerta di un servizio-fruizione di un servizio senza una idea forte, un covenant, un patto, che tenga insieme questa offerta e questa fruizione. L'idea stessa di fruizione mi sembra povera di contenuto, priva di responsabilità. Per un bel servizio fotografico del commencement day del 2010 vedi: http://news.harvard.edu/gazette/story/photo-journal/commencement-2010/

mercoledì 16 maggio 2012

Responsabilità

http://www.youtube.com/watch?v=HhnwUs1M03g&feature=related Colonna sonora ad alcuni pensieri sulla responsabilità.La responsabilità è una brutta bestia. I figli piccoli spesso si sentono responsabili delle liti vere o presunte tra i genitori, e questo genera in loro un profondo senso di colpa che potrà accompagnarli per tutta la vita, perché, non essendo loro i responsabili, non potranno fare nulla per eliminare la causa delle liti e della sofferenza. C'è una affermazione che lessi venti anni fa da uno dei primi libri di Sennett The hidden Injuries of Class (1990): "The legitimation of power is a cloak of secrecy over the origins of one's anxiety. It is this cloak of secrecy that makes the children feel responsible for a situation thay did not create". La legittimazione del potere è un manto che occulta le origini della propria ansia. E' questo manto che fa sentire i figli responsabili di una situazione che non hanno creato". Quante volte ci sentiamo responsabili per una situazione che non abbiamo creato? Dietro questo caricarci di responsabilità non si nasconde una reazione ingenua al il senso di colpa che è strettamente legato alla "legittimazione del potere"? Siamo noi ma nello stesso tempo non siamo noi. La suggestione dell'opera "la tortura del clown" che ho postato il 27 aprile deriva dalla rottura del meccanismo della responsabilità: “I’m sorry for what I did. I don’t know why I did it” (“Mi dispiace per quello che ho fatto, non so perché l’ho fatto”), sullo schermo opposto un Pierrot grida all’infinito con tutto il proprio corpo “No. No. No. No.” La tortura del clown è il circolo senza uscita della responsabilità, l'effetto specchio della responsabilità, che ci costringe ad ascoltare nascosti noi stessi che ci contorciamo nella tortura della responsabilità. Ma c'è un altra ragione per cui la responsabilità può essere una brutta bestia, quando buttiamo addosso agli altri responsabilità che essi non hanno senza preoccuparci dell'irresponsabilità nostra quando mettiamo in atto un comportamento (un pensiero, un giudizio) di questo genere. In questo caso usiamo la responsabilità come violenza. E' il meccanismo del capro espiatorio, tanto più insidioso quando non è neppure esplicito, ma si realizza facendo in modo che l'altro sia messo in condizione di domandarsi se per caso non è vero che è lui il responsabile di qualche cosa che non sa di aver commesso. Parafrasando il clown: Non so quello che ho fatto ma mi dispiace, non lo faccio più! E' un meccanismo che conoscono bene le persone che sono state oggetto di mobbing. La responsabilità, sia nel primo caso che nel secondo è una brutta bestia, perché risveglia e nutre il senso di colpa primordiale, quello del peccato originale, per intenderci, ci toglie il perdono e lo toglie agli altri. E' una responsabilità che sparge sofferenza, violenza, contro di noi e contro gli altri. Cercherò di raccontare anche di una responsabilità che nasce non dalla colpa ma dall'amore. Ma per questo occorre un altro post e un'altra colonna sonora, magari sempre di Tony Scott.

martedì 8 maggio 2012

I'm in the mood of Love

Fermatevi un momento! Prendetevi un bel respiro. Ascoltate I'm in the Mood of Love by Tony Scott e Renato Sellani. Le immagini sono un po' new age, ma la musica..... ascoltiamola insieme. http://www.youtube.com/watch?v=n6ztJFEfE0w

sabato 5 maggio 2012

Cosa è quello?

Questo è un bellissimo corto: http://www.youtube.com/watch?v=yhI4fkbg0Mg&feature=share che ho ricevuto da amici di Fb. Saper essere all'altezza delle domande "cos'è quello", o "perché.....? che ci fanno i bambini nella famosa fase dei perché, vuol dire affrontare la prova di cosa significhi essere adulti. "Perché gli adulti, i giovani adulti in particolare, si irritano tanto di fronte a questa domanda dei bambini e dei vecchi?". Bisognerebbe ripetere continuamente questa domanda per mantenere le porte aperte alla meraviglia e alla percezione del senso e al senso di pochezza, di inadeguatezza che c'è nella risposta quando liquidiamo la domanda con: "è un uccello". Tutto qui? "Cos'è quello?" domandò la bambina mentre passeggiava vicino al laghetto insieme alla madre. "Oh, è solo una biscia!" rispose la madre continuando a parlare d'altro. Ma per la bambina era il primo serpente che vedeva in vita sua, non era "solo una biscia!" E non avrebbe mai più provato quella meraviglia di vedere una biscia per la prima volta! Quante volte quando insegniamo sottovalutiamo quanto è importante la meraviglia e la gioia dello scoprire, e, burocratizzando l'apprendimento, togliendogli la meraviglia della prima volta, commettiamo violenza perché quella meraviglia l'avremo uccisa per sempre!

primavera, estate, autunno, inverno, e ancora primavera

Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera, un film di Kim Ki-duc del 2003. Un film da rivedere a intervalli regolari, una meditazione sulle fasi della vita, sulla responsabilità, sulla disciplina e il non attaccamento e sul rapporto intimo che si crea tra maestro e discepolo, un rapporto che si sviluppa fino al suicidio (la parola non è esatta, bisognerebbe parlare di passaggio di stato?) del maestro perché l'allievo possa prendere il suo posto nella vita di meditazione. Avverto in questo film la mancanza dell'amore tra maestro e allievo, amore come relazione fondata sull'interpersonalità, che è normalmente costruita sul possesso reciproco, che è quanto noi intendiamo quando parliamo (cerchiamo, doniamo, esigiamo, neghiamo) "amore". Ma vi è al suo posto la sintonia condivisa con la Vita come flusso di scambio profondissimo (non solo professionale) che passa attraverso il superamento del dolore e del distacco, per una riconciliazione più profonda che però non è interpersonale. In quanto (ex) insegnante che si è dovuto spesso mettere in gioco conosco quanto sia difficile ma indispensabile questa "disciplina", che non è prevista nelle classi di concorso o nelle materie di insegnamento. Posto due trailer con le sequenze chiave della prima stagione ma mi piacerebbe condividere tutto il film. http://www.youtube.com/watch?v=2-4YGfhIPNQ&feature=related http://www.youtube.com/watch?v=41xJwJ8I0Mg
Mi viene anche in mente un bel libro The Buddha in the Classroom, scritto da Donna Quesada, che insegna al Santa Monica College (Skyhorse Publishing, N.Y.,1911). Il suo sito: http://www.donnaquesada.com/. Forse su questo tema non sarebbe male condividere esperienza e meditazione....

venerdì 4 maggio 2012

Rotex inizia il giro d'Italia

Questa mattina mi sveglio con una gran bella notizia: Rotex ha iniziato il suo giro d'Italia http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/452930/ E così conosco Rotex, la sua voglia di girare e di reinventarsi la vita sia on line che per le strade del mondo, il suo stile di comunicazione ironico e autoironico, la sua capacità di trovare sponsorizzazioni e di vivere la sua condizione di privilegiato. Non riesco a frenarmi dal condividere subito questa positività invitando chi legge questo post a collegarsi a http://rotex.myblog.it e a seguire Rotex nella sua nuova avventura per conoscere l'Italia e per conoscere noi stessi. Grazie Rotex!

mercoledì 2 maggio 2012

Il vento soffia ancora!

E dopo le potenti immagine liriche uno stacco musicale suggeritomi da una amica. Il vento soffia abbracciandoci e spingendoci avanti, malgrado tutto, SI, MALGRADO TUTTO!!!!!: http://youtu.be/hOxLD7Eb9h4

martedì 1 maggio 2012

E poiché oggi ho ricevuto il maggior numero di link da quando ho aperto questo scaciato ma trepido blog, regalo a tutti i miei visitatori le fantastiche creazioni di vetro di Dale Chihuly. E poiché mi sento coraggioso e non temo (stasera) l'invidia sociale, confesso che le ho visitate, insieme ad altre opere entusiasmanti di questo fantasista del vetro, un anno fa, a Boston.
Grazie e buona notte! Per vedere di più: http://www.chihuly.com

Efficiency Men

Di Thomas Schutte: Efficiency Men,2005 (dall'esposizione Elogio del Dubbio a Punta della Dogana a Venezia)
New Jobs, New Opportunities http://youtu.be/3Hc9toXBEIk